Quando si parla di dipendenti pubblici nel nostro Paese si sente esprimere un solo concetto, cioè quello del fannullone, assenteista e da circa 20 anni ogni anno si rincara la dose. A ben vedere però la percentuale di dipendenti pubblici che non si comporta come dovrebbe, forse non raggiunge l’1%, eppure la risonanza negativa che viene data all’ argomento dai governi di turno, dai politici e dai mezzi di comunicazione di massa è formidabile. Una percentuale da zero virgola la troviamo anche quando, ogni anno ed anche da molti anni, i governi ci annunciano la ripresa economica, indicata dalle previsioni dell’aumento del Pil, che puntualmente non si avverano, ma che vengono sbandierate enfaticamente come un grande successo. Ma sono così tanti i dipendenti pubblici nel nostro Paese rispetto a quelli degli altri stati europei? Analizzando i grafici qui sotto, che riportano la situazione riferita agli anni 2014 e 2015, in effetti l’Italia presenta un numero di dipendenti pubblici nettamente inferiore agli altri grandi paesi europei, quali Inghilterra, Francia e Germania, che ovviamente si ripercuote anche sulla percentuale dei dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione. Fatta questa premessa, mi hanno molto colpito le parole dell’economista Antonino Galloni riguardo i dipendenti pubblici, credo sia l’unico economista che le dica, le voglio porre all’ attenzione di chi legge.
Durante il convegno tenuto a Modena lo scorso Aprile Galloni è intervenuto riguardo i dipendenti pubblici del nostro Paese affermando che : “Dobbiamo far crescere i servizi pubblici, e sapete in Europa quale è la più grande contraddizione, la più grande discrasia? Che in Italia ci sono 3 milioni di dipendenti pubblici, in Francia ce ne sono 6, in Inghilterra ce ne sono 5,9. Allora il problema dell’Italia, l’inefficienza della Pubblica amministrazione non si risolve andando a vedere quell’ 1% di deficienti che non vanno a lavorare, che non timbrano il cartellino ecc., perché quelli che non vanno a lavorare, nella Pubblica amministrazione, sono circa 30 mila persone che andrebbero licenziate, messe in galera, fate quello che volete, messi alla gogna. Ma perché nessuno, mass media, giornali, televisioni, parla del restante 99 % dei dipendenti della pubblica amministrazione italiana, che è impossibilitato a lavorare efficientemente perché mancano i dipendenti pubblici?” E proseguendo nel discorso : “E sapete quanto costa un milione di nuovi assunti nella pubblica amministrazione, un milione di giovani formati, laureati che servirebbero in tutte le pubbliche amministrazioni, per fare funzionare gli uffici giudiziari, per fare funzionare meglio le scuole gli ospedali e quant’altro? 25 miliardi di euro; signori mettiamoci una cosa bene in testa 25 miliardi di euro per un paese come l‘Italia è una sciocchezza! E’ una goccia d’acqua! Questo sì, che rimetterebbe in moto il sistema! Vi rendete conto che abbiamo un basso numero di laureati e quelli che si laureano poi rimangono disoccupati e devono emigrare, ma quale è stato sempre oltre alle banche e le professioni il grande assorbitore di giovani laureati? La pubblica amministrazione, ma noi abbiamo bisogno di una pubblica amministrazione che funziona, queste cose non ce le spiegano, anzi fanno dibattiti, tavole rotonde, riunioni, congressi per dire che la pubblica amministrazione bisogna ridurla, snellimento, meno Stato. Che vuole dire meno Stato? Ci vuole più mercato e più Stato, più economia e più occupazione”. Secondo Galloni inoltre una pubblica amministrazione efficiente, nel senso sopra detto combatterebbe il clientelismo e la corruzione e contribuirebbe anche a dare più occupazione. Il messaggio di Galloni sarà compreso dai nostri politici e governanti? Una cosa è certa, il livello di civiltà di un paese si vede anche da come funziona la pubblica amministrazione e dal suo grado di efficienza; fare ciò significa non ridurne le dotazioni strumentali ed il personale, come si sta facendo da molti anni, ma esattamente il contrario e solo quando lo faremo avremo forse un paese migliore. Fonte 1 dal minuto 27,35 del video Fonte 2 Fonte 3 Fonte 4 Fonte 5 Fonte 6
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Mancano pochi giorni al ballottaggio delle presidenziali francesi fissate per il 7 Maggio e l’esito, stando ai sondaggi, vedrà quasi certamente l’affermazione di Macron. Nell’attesa di questo evento è interessante analizzare la compagine che ha votato la candidata del “Front Nacional “Le Pen. Per avere un’idea sulla distribuzione del voto nelle varie regioni della Francia, è utile osservare la mappa tratta dal sito economico - finanziario Bloomberg. Secondo l’economista francese Jaque Sapir: “La trasformazione del Fronte Nazionale in partito dominante nelle piccole città e nelle campagne è significativa, anche se il fenomeno va oltre: anche il peso della disoccupazione e della deindustrializzazione è uno dei fattori del suo radicamento. L‘ho detto più volte sin dal 2012. L’ascesa del FN segue passo passo i danni della globalizzazione e dell’euro. Un’altra dimensione importante è la questione sociale, ovviamente correlata con la dimensione geografica. Si noti che Marine Le Pen ha tra i suoi elettori un’alta concentrazione di persone a reddito basso o molto basso. Ha riportato il 34% dei voti nella classe operaia, in prima posizione, seguita immediatamente da Jean-Luc Mélenchon. Del resto questa è una caratteristica condivisa con Jean-Luc Mélenchon. Al contrario, l’elettorato di Emmanuel Macron ha un’alta concentrazione di redditi alti ed altissimi, una caratteristica che condivide, ma in misura minore, con l’elettorato di François Fillon”. Macron, secondo Sapier, vuole attuare una serie di riforme fortemente penalizzanti per il lavoro: ha annunciato di voler rafforzare la “la legge sul lavoro”, che aveva causato violente proteste nella primavera del 2016, attraverso un decreto; intende ridurre i dipendenti pubblici; propende per una austerità fiscale, mentre intende attuare una politica di favore per le grandi aziende, attraverso il credito d’imposta per la competitività e l’occupazione. Il sito “Bloomberg” riferisce che la visita di Macron ai lavoratori della fabbrica in sciopero nella sua città natale, Amiens è stata accolta con fischi, il candidato di “en Marche!” che si era intrattenuto prima con i leaders del sindacato dell’azienda nel centro della città, è stato oggetto delle critiche della Le Pen, la quale ha dichiarato ai giornalisti, incontrandoli davanti ai picchetti, che la decisione di Macron di incontrare i rappresentanti dei lavoratori a porte chiuse mostrava il suo “disprezzo” per la loro difficile situazione. Lo stabilimento della Whirlpool di Amiens, oggetto della visita dei due candidati all’Eliseo, è diventato un simbolo delle discussioni sul libero mercato che dominano la campagna elettorale francese, perché 280 posti di lavoro verranno tagliati quando l’azienda, il prossimo anno, trasferirà la produzione in Polonia. “Tutti sanno da che parte sta Emmanuel Macron – sta dalla parte delle multinazionali” ha dichiarato la Le Pen, “io sto dalla parte dei lavoratori, qui nel parcheggio, non nei ristoranti di Amiens”. Patrice Sinoquet del sindacato CFDT (Confédération française démocratique du travail) che si era in precedenza incontrato con Macron, afferma che il 90% dei suoi iscritti voteranno per la Le Pen. “Macron rappresenta il peggio delle politiche di libero mercato”, dichiara Clement Pons, disoccupato di 32 anni, che aspettava fuori dall’incontro in centro. “È un globalista che vuole uccidere la classe lavoratrice. Mi fa venire da vomitare. Non capisco le sue idee”. Anche in Francia il problema della disoccupazione che si attesta al 10% è piuttosto serio, come si può vedere nella mappa in basso anche nel Nord del paese, dove fra l’altro è presente la fabbrica della Whirlpool di Amiens, è a livelli massimi. Chantal Flahaut, 57 anni, operaia alla catena di montaggio, che partecipa al picchetto, dice di essere in sciopero per tutta la settimana e di essere così stufa della situazione in Francia che domenica non andrà nemmeno a votare. La sua maglietta ha una scritta: “Whirlpool fabbrica disoccupazione”. “Sono talmente disgustata” dice, “Macron sta dalla parte delle grandi imprese come la nostra. Dovete smetterla di aiutare miliardari multinazionali, e darci i nostri soldi”.
Operai e disoccupati, disperati e con poche prospettive, non voteranno l’ex banchiere neoliberista di Rothschild Macron e sembrano comprendere perfettamente che dietro di lui si nascondono i poteri della finanza internazionale e del liberismo economico, che sta riducendo i popoli ad una massa di individui sempre più poveri e con meno diritti nel lavoro. Anche se non riusciranno ad impedire la vittoria di Macron, vanno comunque ammirati per la loro determinazione nel lottare. Fonte 1 Fonte 2 Fonte 3 |
AutoreLuca Bellini Categorie |