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Mentre proseguono costanti gli attacchi di Bruxelles contro la nostra manovra finanziaria, piuttosto amplificati dai media italiani, vediamo come alcuni osservatori internazionali valutano questa situazione; i punti di vista che vengono proposti sono due d’oltreoceano e uno del più vicino d’oltralpe. Secondo l’articolo di Jeff Spross, apparso sul magazine americano The Week, dall’eloquente titolo Europe's self-destructive war on Italy (“l’autodistruttiva guerra europea all’Italia”), il governo italiano vuole aiutare i suoi cittadini dopo anni di pesante impoverimento, ma l’atteggiamento della UE è fortemente oppositivo, in nome della disciplina fiscale neoliberista. Questo comportamento di sconfinata stupidità è sinonimo di un’autodistruttiva prepotenza della leadership UE. L’Italia è stata colpita duramente dalla crisi economica globale del 2008 e dalla seguente crisi dell’eurozona. La disoccupazione italiana ha raggiunto il 13% e dopo anni di sofferenza, sotto le misure di austerità imposte dall’Europa, la disoccupazione si trova ancora intorno al 10%. Il nuovo governo, sempre secondo The Week, ha prontamente proposto un ambizioso bilancio nazionale, che include un reddito minimo garantito, la cancellazione dei tagli effettuati in precedenza al sistema pensionistico, una serie di tagli della pressione fiscale e altro. Non occorre dire che questo notevole pacchetto di spese, insieme alla riduzione delle entrate fiscali, richiederebbe l’aumento del deficit. Perché farlo? Molto semplicemente, il governo italiano vuole ridurre la povertà e offrire ai suoi cittadini un po’ di aiuto mentre l’economia continua ad arrancare. Ma si tratta anche di una buona politica economica: con una disoccupazione del 10% e il PIL che è sceso – da quasi 2.400 miliardi di dollari nel 2008 a 1.900 miliardi di dollari oggi – l’Italia sta chiaramente soffrendo una grossa carenza di domanda aggregata. La maniera per risolvere la carenza è che il governo spenda più di quanto tassi; in particolare spenda in programmi che mettano soldi nelle tasche dei consumatori. Gli italiani di conseguenza spenderebbero questi soldi aggiuntivi, creando così nuovi posti di lavoro. Il giornalista ha correttamente messo in risalto la limitatezza funzionale della BCE, che prevede ogni sorta di regole e limiti nei casi in cui può acquistare i titoli di debito emessi dagli Stati membri dell’eurozona e sulla quantità che è possibile comprarne. Perciò sono gli investitori privati a dare al Governo Italiano gli euro di cui ha bisogno per coprire il suo deficit, cosa che non sarebbe stata possibile se il governo italiano controllasse la propria moneta, la sua banca centrale potrebbe semplicemente comprare il debito governativo creato dal suo deficit e tenere bassi i tassi di interesse. Però l’Unione europea e la BCE hanno entrambe uno spazio enorme di manovra per sostenere la spesa a deficit italiana, senza alcuna ripercussione economica. Il problema è solo che non vogliono farlo. Su Bloomberg, sito di economia e finanza statunitense, l’economista Ashoka Mody afferma che: “Il nuovo governo italiano, guidato dal partito di destra della Lega e dal movimento anti-establishment Cinque Stelle, ha proposto uno stimolo fiscale che l’anno prossimo causerà un aumento del deficit di bilancio al 2,4% del PIL. La Commissione Europea ha respinto il piano come irresponsabile” e proseguendo: “tuttavia se l’economia italiana è in stallo, lo stimolo fiscale può essere l’unico mezzo per evitare una pericolosa recessione, che potrebbe gettare l’Italia in una crisi ingestibile. Quello che è sicuro è che l’insistenza della Commissione Europea a che l’attuale governo italiano onori l’impegno del suo predecessore a ridurre il deficit di bilancio è del tutto irragionevole. L’austerità peggiorerà la congiuntura negativa e quindi aumenterà l’onere del debito pubblico (espresso in percentuale sul PIL). Questo, a sua volta, aggraverà piuttosto che attenuare le tensioni sui mercati”. Non solo, ma secondo Ashoka Mody, per i tecnici del Fondo Monetario il sostegno finanziario alle famiglie a basso reddito potrebbe essere particolarmente efficace, perché il denaro andrebbe a persone che è più probabile che lo spendano. Infine le eventuali sanzioni pecuniarie per il mancato rispetto dei parametri imposti dalla Commissione, sarebbero “destinate al fallimento politico: i capi di governo che formano il Consiglio Europeo, che deve autorizzare qualsiasi azione, non imporranno sanzioni per paura che in futuro possa toccare al proprio paese”, pertanto conclude l’economista, legittimare un modesto stimolo dell’economia da parte dell’Italia riassicurerà gli investitori e calmerà i mercati. I funzionari europei pertanto dovrebbero riconsiderare la loro posizione velocemente. Di notevole profondità è la riflessione di Jaques Sapier sulla questione della manovra economica, secondo l’economista francese, direttore del Centre d’études des modes d’industrialisation e membro straniero dell’Accademia Russa delle Scienze, “L’attuale crisi che oppone l’Italia e la Commissione europea sulla manovra di bilancio italiana, dopo la sua pubblicazione apparentemente verte su alcune percentuali. In realtà, si tratta della questione essenziale di sapere chi è legittimato a decidere del bilancio italiano: il governo, costituito dopo elezioni democratiche, o la Commissione e le sue varie appendici, che pretendono di imporre regole provenienti dai trattati? Una questione che oggi è fondamentale: si governa in nome del popolo o in nome delle regole? Essa ha implicazioni evidenti: chi ha il potere di governare? il legislatore, la cui legittimità deriva dalla sovranità democratica, o il giudice che governa nel nome di un diritto? Dietro la questione della percentuale di deficit consentito o rifiutato al governo italiano non c’è solo la questione della fondatezza della decisione italiana, ma anche quella di sapere se l’Italia è ancora una nazione sovrana. Questo spiega perché il sostegno al governo italiano sia giunto da tutti i partiti per i quali la sovranità è uno dei fondamenti della politica, e in particolare da France Insoumise ( movimento politico francese di sinistra radicale ). La questione della sovranità è quindi di centrale importanza in questo conflitto”. Secondo Sapier la libertà del “popolo” nel contesto della “Nazione” si chiama appunto sovranità. La Nazione è dunque il quadro in cui si organizza il corpo politico che è il popolo; questa sovranità è la capacità di decidere. Ecco perché la sovranità è essenziale all’esistenza della democrazia ; è la sua condizione necessaria, anche se non sufficiente, la sovranità è valida solo attraverso il suo esercizio, la democrazia implica che vengano prese delle decisioni e che quest’ultime non possano essere limitate preventivamente. È questo che implica l’esistenza preliminare della sovranità, ecco perché essa è un principio necessario, anche se non sufficiente. “Essere sovrani, va ricordato, è avere la capacità di decidere”. Sono parole illuminanti quelle di Sapier che esprimono il momento cruciale per l’Italia, si decide il futuro del Paese e del popolo italiano, sottostare alle regole imposte da Bruxelles o avere la capacità di decidere. Insomma di fronte al “Tu mangia??” della euro-dieta che ci è stata imposta, dobbiamo rispondere “Sì noi italiani vogliamo mangiare” Fonte 1 Fonte 2 Fonte 3 La questione dell’immigrazione da tempo sta prendendo sempre più spazio nell’informazione e nell’azione dei governi, in particolare quello in carica oggi, anche se per il nostro Paese rimane principale un altro problema, che è quello dell’economia stagnante e della disoccupazione, soprattutto quella giovanile. Ora di fronte ai dibattiti politici e giornalistici, è interessante avvicinare l’analisi che l’economista Antonino Galloni fa riguardo il problema dell’immigrazione in particolare quella africana, immigrazione che per l’esperto “non è possibile né accogliere, né tantomeno respingere. Il grosso dell’immigrazione deve ancora palesarsi perché gli africani si sono sempre mossi, prima dei colonialismi, da Est ad Ovest a seconda delle condizioni dell’acqua, del clima etc. e hanno sempre trovato terreni coltivabili che hanno dato sempre da mangiare a tutto il mondo sin dal tempo dei romani, adesso com’è che improvvisamente è venuta la fame in Africa? Gli occidentali, gli europei e gli americani, hanno impedito a questa gente di muoversi nel loro modo naturale, creando degli stati artificiali, dopo di che ovviamente c’è un tappo verso Nord che si è rotto con la morte di Gheddafi, ma è l’inizio quello che sta avvenendo”. Continua l’economista affermando che quando si parla di respingimenti o di accoglienza, si parla di vere scemenze, perché ci si deve preoccupare del grande sviluppo del continente africano, attraverso grandi infrastrutture, di dragare il Nilo prima di Cartoum, per non farlo evaporare e creare un secondo Nilo che vada verso l’Etiopia, come era in tempo molto remoto; sotto il Sahara c’è l’acqua; infatti secondo uno studio del British Geological Survey e dell’University College of London le maggiori quantità di acqua si troverebbero nel sottosuolo del Nord Africa, i cui sedimentari in Libia, Algeria e Ciad, sono equivalenti a uno strato di acqua spesso 75 metri ed esteso in tutta la regione. Sempre sull’acqua Galloni porta l’esempio del progetto Transaqua, che vede gli italiani impegnati nella sua realizzazione attraverso l'idea di portare acqua verso il bacino del lago Ciad, in via di progressiva desertificazione, con conseguente distruzione di una economia agro-pastorale sostegno, da sempre, di numerose comunità rurali del Ciad, del Niger, della Nigeria e del Camerun insediate sulle fertili rive del lago. Il progetto prevede dighe, reti idriche e canali, attingendo acqua dal bacino del Congo, la "foresta amazzonica" d'Africa. Sono stati stanziati dall’Italia 1,5 milioni di euro a titolo gratuito per lo studio di fattibilità dell’opera, attraverso la collaborazione tra l’italiana Bonifica SpA e l’azienda cinese PowerChina. Trenta milioni di persone dipendono dal Lago Ciad, in termini di pesca e agricoltura. Anche il prosciugamento parziale del lago ha causato emigrazioni verso l’Europa e prodotto un terreno di reclutamento per i terroristi del gruppo Boko Haram. La forza multinazionale composta dai Paesi rappresentati nella Commissione del Bacino del Lago Ciad è riuscita ad assestare colpi decisivi a Boko Haram come forza militare. Il Progetto Transaqua affronta simultaneamente tutti questi aspetti della crisi africana, offrendo una prospettiva di occupazione di massa, crescita e benefici per tutte le nazioni a Sud del Sahel, inclusa la Repubblica Democratica del Congo, che “donerebbe” l’acqua (altrimenti destinata a riversarsi nell’Oceano Atlantico), ma riceverebbe in cambio un formidabile arricchimento infrastrutturale e produttivo. Il Progetto Transaqua offre anche una soluzione all’esaurimento del “Grande Fiume Artificiale”, l’acquedotto libico che ora recupera l’acqua del sottosuolo e che potrebbe essere connesso al Lago Ciad riempito tramite una condotta, chiamata “Interafrica”. Pertanto le osservazioni dell’economista appaiono pienamente condivisibili e consentono di vedere ed affrontare la questione africana in modo strutturale, soprattutto da parte dell’Italia e dell’Europa, girarsi dall’altra parte significa non risolvere mai il problema dell’immigrazione africana. Fonti: Fonte 1 dal minuto 13,40 Fonte 2 Fonte 3 Fonte 4 Fonte 5 Fonte 6 Voglio riportare una sintesi approfondita dell’intervento del Prof. Savona, del quale oggi si parla molto, avvenuta al convegno “Un Piano B per l’Italia” nel 2015, al quale ho assistito ascoltando i vari interventi di diversi economisti come Galloni, Rinaldi e giuristi come Barra Caracciolo. A quell’evento non ho visto fanatismi in coloro che esponevano le proprie idee e convinzioni, ma un comune sentimento, quello di mettersi al servizio del Paese, per tirarlo fuori da una crisi profondissima, per il bene di tutti noi.
Fatta questa premessa veniamo all’intervento, per il Prof. Savona l’Italia necessita di un piano A che andrebbe richiesto a Bruxelles, cioè il tentativo di fare in modo che l’Europa abbia una posizione che si merita nel contesto internazionale, ovvero una posizione geopolitica. Secondo lui: “occorre attribuire alla Banca Centrale Europea tutti i compiti che hanno le banche centrali nel resto del mondo, in quel mondo con il quale noi dobbiamo competere, parlo della Federal Reserve americana, della Banca d’Inghilterra, della Banca del Giappone e della Banca Centrale Cinese”. “Le funzioni delle banche centrali - spiega Savona - sono tre: essere banca del Tesoro, essere banca delle banche ed essere banca dell’estero”, nel piano A, così come è ora impostato la Banca Centrale Europea svolge la sola funzione di Banca delle banche è quindi proibito per lei finanziare il Tesoro ed è proibito intervenire sul cambio, cioè essere banca dell’estero. Di fronte alla crisi che abbiamo avuto, che è esogena rispetto all’Europa, perché la responsabilità ricade pesante nel sistema finanziario americano, in questo contesto con grande difficoltà la BCE ha cercato di fronteggiare la situazione, senza riuscirci”. Per Savona, Draghi ha commesso un grande errore, cioè avrebbe dovuto chiedere più poteri per la BCE in modo che fosse come una banca centrale, ma anche l’Italia lo ha commesso perché, né il governo, né la Banca d’Italia hanno richiesto che la BCE fosse dotata di questi poteri. L’altro punto sarebbe quello di creare un Fondo Comune di Stabilizzazione Finanziaria, invece è stato ideato il Fondo Salva Banche e quello Salva Stati che, secondo Savona, si sono dimostrati assolutamente insufficienti, oltre che essere lunghi da azionare, di fronte ad una crisi galoppante con i sui effetti negativi . Riguardo la Banca Europea degli Investimenti, evidenzia che quest’istituto non funziona, perché ha vincoli tali da non poter operare, perché, se ha bisogno di maggiori risorse, come in effetti è accaduto, ogni Stato deve partecipare versando una quota di capitali, ma per fare questo ciascun Stato membro deve approvare una legge. Il quarto punto è l’armonizzazione fiscale, “non si può avere un mercato unico con tante legislazioni fiscali, con differenze settoriali fondamentali” inoltre si deve introdurre, come principio del piano A, il divieto di mantenere il surplus con l’estero. Oggi ci troviamo con l’Olanda che, come afferma Savona, “ha sempre da fare lezioni al prossimo”, con un surplus di bilancia commerciale, nel 2015 del 9%, mentre la Germania intorno al 7,5 del Pil, in tale contesto il mondo se la prende con la Cina che ha il 3,5 % di surplus. Ecco allora che per Savona all’intermo dell’Europa si deve imporre una politica di regole precise del surplus, a tale proposito era stato introdotto il principio che non si deve superare il 6%, ma neanche quello non è stato rispettato, né l’Italia, con il suo ministro del Tesoro, è mai intervenuta per esigere tale osservanza. Infine è necessaria una scuola comune europea ed una libera circolazione delle merci e delle persone. Riguardo a tutti i punti sopra evidenziati, l’economista Savona dice: “il governo o la forza politica che pone chiaramente questi punti, si mette già in una posizione di legittimare la richiesta di un piano B, che sia ben fatto e che va fatto”. Secondo il Prof. Savona il piano B per l’Italia: “ è ordinato in punti che io considero in ordine di importanza tecnica, perche il piano B è un piano tecnico, perché la forza politica del piano B nasce dall’evento di non accettazione del piano A”. Al primo punto si prevede “il ritorno immediato alla moneta nazionale, che governi quantità, tassi e cambio estero, accompagnato da una direttiva per sistemare le posizioni di debito e credito interne ed internazionali”, quindi “stipulare alleanze internazionali con paesi interessati a proteggere l’autonomia politica dell’Italia” ed opporsi all’influenza dei paesi che gravitano intorno alla Germania. Creare un Comitato di consultazione permanente composto da leaders bancari, di impresa e del mondo del lavoro, nonché economisti, con esperienza operativa e prestigio internazionale per affiancare il governo nella transizione. Bloccare poi ogni aumento di tassazione; prendere l’impegno di informare costantemente l’opinione pubblica nazionale ed internazionale delle scelte compiute e dei loro effetti sullo sviluppo essendo ormai in una società governata dalla mediacrazia, cioè democrazia dei comunicatori. Altro punto è “sostituire tutta la dirigenza statale, come si è fatto dopo il fascismo, che ha mostrato una stretta dipendenza dall’influenza europea e scarso rispetto per la sovranità nazionale”. Appare evidente che avere un piano alternativo dovrebbe essere considerato come una “uscita di sicurezza”, nel caso in cui l’euro possa implodere, eventualità che si potrebbe verificare, non necessariamente a causa dell’Italia, pertanto sarebbe meglio avercelo, per non trovarci in una vera e propria emergenza nazionale. Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=BB3dABxNIPk |
AutoreLuca Bellini Categorie |