La vittoria di Donald Trump è stata caratterizzata, durante tutta la campagna elettorale, da una massiccio attacco mediatico contro il Tycoon, che non ha solo coinvolto gli Usa ma anche la stampa internazionale, italiana compresa; si è riproposto quello che era accaduto con la Brexit: il bene era solo da una parte, cioè quella della Clinton. Ricordiamo tutti che, alcuni giorni prima delle votazioni, il New York Times pubblicava un irrealistico sondaggio nel quale la candidata democratica aveva l’85% delle possibilità di vittoria; credo abbiamo assistito alla manifestazione di una stampa d’oltreoceano quasi al limite con la propaganda di regime. Jacques Sapir, economista francese Direttore della École des Hautes Études en Sciences Sociales in Parigi e capo del Centre d’Étude des Modes d’Industrialisation, considera i media Usa “fuori dal mondo” e responsabili di una campagna isterica a sostegno di Hillary Clinton, vista come il candidato della finanza; i suoi legami con le grandi banche d’affari di Wall Street – tra cui Goldman Sachs – erano ben noti. Inoltre le politiche interventiste e avventuriste in politica estera hanno contribuito a spaventare una parte dell’opinione pubblica. Riguardo il vincitore delle elezioni, Jacques Sapir oltre ad evidenziare l’intenzione di Trump di lanciare grandi programmi di investimenti pubblici, osserva: “è nelle relazioni internazionali che le conseguenze delle elezioni di Donald Trump segneranno gradualmente il più grande cambiamento. Il presidente neo-eletto non ha fatto segreto della sua volontà di migliorare le relazioni degli Stati Uniti con la Russia, di porre fine alla sovra-estensione dell’apparato militare degli Stati Uniti, di tornare a una visione più realistica del commercio internazionale, lontana dal dogma del libero scambio. Non sarà più il momento dei grandi trattati internazionali, come il TTIP o il CETA. Torna il protezionismo e bisognerà prenderne atto se si vuole sfruttare al massimo e mettere in atto questa “de-globalizzazione” ragionata, che io ho auspicato e che oggi sembra inevitabile.” E ritornando alla questione dei rapporti con la Russia: ” Donald Trump offre una nuova speranza per le relazioni con la Russia, e che l’atteggiamento aggressivo adottato da Washington, sia in Ucraina sia in Siria, non sarà mantenuto. Anche questo è un aspetto positivo di questa elezione. Speriamo che questo sia capito anche nei paesi europei che – stupidamente – hanno deciso di mantenere le sanzioni contro la Russia.” L’analisi dell’economista d’oltralpe si sofferma poi sull’Europa ed i suoi leaders: ”Naturalmente, ora si cercherà di declamare nuovamente l’inno dell’Europa federale e di riattizzare i fuochi morenti dell’integrazione europea. Ma le divisioni tra gli stati dell’UE non spariranno per magia. Gli interessi di questi stati resteranno quello che sono, opposti a qualsiasi integrazione. Prima o poi bisognerà decidersi a trarne le conseguenze, e tornare a una politica delle Nazioni, che non esclude certo, tra queste Nazioni, cooperazione e amicizia. Rifiutandosi di farlo, i leader europeisti corrono il rischio di aggravare la rabbia che cova anche nell’Unione Europea. Le negazioni della democrazia sono state troppo numerose, troppo sistematiche. Questi leader corrono il rischio, su loro scala e nelle loro condizioni, di fare la fine di Hillary Clinton.” Avverte però Antonino Galloni, economista: “sarebbe ingenuo credere che la grande finanza registri sconfitte e si ritiri in buon ordine. Anzi, essa è pronta e agguerrita per riorganizzarsi a sfruttare qualsiasi cambiamento. Soprattutto se quest’ultimo sarà generico e generativo di ulteriore confusione. La grande finanza cresce nel conflitto che essa stessa genera e nella confusione che deriva dalla consapevolezza della necessità di un cambiamento senza un piano preciso e realizzabile. Per questo la priorità è il progetto, il programma, il piano, non le divisioni settarie. Dopo il referendum del 4 dicembre, dove dovrebbe vincere il NO, occorrerà riunire le forze democratiche attorno al programma di un nuovo modello economico e sociale sostenibile, responsabile, capace di ridurre le ineguaglianze.” Auguriamoci da una parte che Trump attui una politica estera di distensione ed una politica economica più realistica e che punti ad una de-globalizzazione, dall’altra che le forze democratiche del nostro Paese convergano su un nuovo modello sociale ed economico sostenibile, solo il tempo ci consentirà di vedere, se ciò accadrà. Fonte Fonte
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AutoreLuca Bellini Categorie |